martedì 27 gennaio 2009

La fondazione di Roma secondo la leggenda. Il ciclo troiano latino e il ciclo sabino



Due sono i cicli di leggende che narrano l’origine della fondazione di Roma: uno troiano-latino, l’altro sabino.

Secondo il ciclo troiano-latino, il fondatore della città Romolo sarebbe discendente dell’eroe troiano Enea, figlio di Anchise e di Venere che, dopo aver valorosamente combattuto contro gli achei, quando Troia fu sopraffatta fuggì, insieme al padre, alla moglie Creusa e al figlio Ascanio (o Iulo, eponimo della gens Iulia, che sarà la prima dinastia della Roma imperiale), giungendo dopo un lungo viaggio sul litorale laziale. Ascanio vi fondò la città di Alba Longa di cui sarebbe stato il primo re.

Proprio un conflitto riguardo al diritto di governare Alba Longa fu all’origine della fondazione di Roma. I protagonisti erano i due figli del re Proca, Numitore, il legittimo erede al trono, e Amulio che prima rovesciò il fratello e quindi al fine di privare questi di una discendenza, impose alla moglie di lui, Rea Silvia di entrare nel collegio delle Vestali che erano obbligate al voto di castità. A rovinare questi piani l’intervento del dio Marte che si unì a Rea Silvia , la quale generò due gemelli Romolo e Remo. Essi dunque oltre ad essere discendenti di Enea, potevano vantare sangue di origine divina, proveniente da Venere e Marte. Amulio sottrasse i neonati alla madre e li abbandonò alle correnti del fiume sperando che da queste venissero inghiottiti. In realtà i due gemelli furono trasportati fino alle pendici del colle Palatino dove vennero raccolti da una lupa che li allattò fino a quando un pastore del luogo, Faustolo, non li prese e li allevò nella propria dimora.

Romolo e Remo, venuti a conoscenza dell’origine regale della propria stirpe, deposero Amulio dal trono di Alba Longa riconsegnando il regno a Numitore. Quindi tornarono sul colle Palatino per fondarvi la nuova città. Da un oracolo degli aruspici vennero a sapere che a Romolo spettava il diritto di diventare il primo re e di tracciare con l’aratro in confini della nuova città . Remo per scherno e per rabbia verso il fratello decise di oltrepassare i confini che avevano carattere sacro e per questo Romolo lo uccise ( 21 aprile del 753 a.C; data della fondazione secondo la tradizione).

Un altro ciclo di leggende ricostruisce invece i turbolenti rapporti tra i Latini e i Sabini, alla cui base ci sarebbe il famoso ratto dalle Sabine compito da soli uomini Latini che provvidero così a procurarsi le donne necessarie per dare stabilità alla fondazione di Roma. Per evitare ulteriori scontri e spargimento di sangue, proprio le Sabine si frapposero tra i contendenti. Queste infatti si trovavano a essere contemporaneamente mogli ( dei Latini) e figlie ( dei Sabini). Si giunse dunque a una rappacificazione sancita dalla spartizione del governo tra due re, Romolo di origine latina e Tito Tazio, di origine sabina. A rendere ancora più armoniosa la convivenza tra gli amici di un tempo il fatto che il secondo re di Roma, Numa Pompilio appartenesse alla stirpe dei Sabini.

mercoledì 14 gennaio 2009

Con la stele di Rosetta, Champollion svela al mondo i segreti dell'Egitto antico


La stele di di Rosetta ( dal nome della città portuale di Rosetta, oggi Rashid) è una grande pietra in basalto nero , delle dimensioni di 114 x 72 cm e dal peso di circa 760 kg, che venne alla luce il 19 luglio 1799 ritrovata da un soldato dell'esercito napoleonico. E' suddivisa in tre sezioni di scrittura: dall'alto verso il basso troviamo prima 14 righe in geroglifico;quindi 22 in demotico, e nella parte bassa 54 righe in grafia maiuscola greca .
La prima intuizione la ebbe un diplomatico svedese esperto di lingue orientali, Akerblad, che confrontò i tre testi e dimostrò che i nomi dei re, nella parte greca, comparivano nella stessa posizione nel testo demotico. Quindi avanzò l’ipotesi che le tre sezioni riproducessero lo stesso testo nelle diverse lingue. Lo scritto riprodotto nella stele era un protocollo del collegio sacerdotale di Menfi, del 27 marzo del 196 a.C., che esaltava Tolomeo V Epifane in occasione del primo anno della sua incoronazione in cui si esaltavano i benefici procurati dal re al paese. In quel tempo l'amministrazione era affidata a funzionari di lingua greca da cui l'usanza di redigere i testi contemporaneamente in greco e in egizio. Questa circostanza fortunata fornisce lo strumento per acquisire la chiave interpretativa del geroglifico.
La seconda intuizione la ebbe un medico inglese, appassionato di egittologia Thomas Yung (1773-1829) il quale dal confronto tra la Stele di Rosetta e un obelisco portato in Inghilterra si occorse che erano presenti due cartigli identici. Yung comprese che i cartigli contenevano nomi di re e che i segni corrispondevano a dei suoni. da un confronto tra alcune lettere somiglianti nelle diverse versioni del testo della stela, Yung trasse lo spunto per arrivare a decifrare nel 1818, i nomi di Tolomeo e di Cleopatra. Tuutavia Yung, non avendo conoscenze filologiche adeguate non riuscì ad andare oltre la decifrazione di poche parole. Ma la sua analisi andava nella giusta direzione e costituirono la base da cui partì Jean-François Champollion un egittologo e archeologo francese che arrivò a comprendere la grammatica del sistema di scrittura geroglifico.
Champollion ricevette i risultati del lavoro di Yung e dopo un periodo di iniziale scetticismo aderì alla tesi secondo cui i geroglifici non erano semplicemente simbolici, ma avevano un loro valore fonetico. Egli non solo riuscì a identificare rapidamente i segni, ma arrivò a padroneggiare l’antica lingua in modo da poter fare la traduzione completa della sezione geroglifica della Stele di Rosetta. Champollion aveva compreso il sistema grammaticale della scrittura geroglifica con l'identificazione dell'organizzazione dei segni ideografici e fonetici. Con la possibilità di leggere i testi egizi si apriva per gli studiosi la possibilità di accedere ad una enorme quantità di nuove informazioni.